Mindfulness e self-compassion: così i pazienti oncologici imparano a gestire stress ed emozioni
Si chiama “Con Cura-Sa: prendersi cura di sé mindfulness e self-compassion per chi vive l’esperienza del sarcoma” ed è il corso promosso da Sarknos, rivolto a pazienti oncologici, finanziato con i fondi raccolti dalla stessa Associazione durante una recente cena di beneficienza. Perché iscriversi? “Innanzitutto per curiosità” – risponde la dottoressa Rosa Bruni, docente del corso, psichiatra, psicoterapeuta, insegnante certificato di programmi Mindfulness-based e Mindful Self-Compassion, formatrice nell’ambito sanitario per la prevenzione dello stress lavoro-correlato – . Poi, per poter sperimentare direttamente come e quanto l’approccio meditativo della mindfulness possa aiutare nella gestione dello stress, delle emozioni e pensieri difficili che sorgono quando si vive la malattia oncologica – aggiunge la specialista -. Spesso nelle diverse fasi del cancro, come di altre malattie e/o sintomi cronici, si possono generare sintomi di stress, di ansia, depressione: emozioni difficili, sbalzi d’umore, difficoltà relative al sonno e all’alimentazione sono esperienze frequenti. I pensieri negativi che spesso diventano catastrofici, le emozioni di paura e d’ansia per il presente e per il futuro finiscono per agire anche sul corpo già provato dalla malattia. Anche per chi si trova in una fase diversa, magari già con la malattia alle spalle, lo stress spesso si annida nei pensieri dei controlli medici o della paura di una recidiva: ciò può minare la serenità e mantenere in uno stato continuo di tensione. Tutte le emozioni sono chiaramente legittime ma spesso tutto questo genera un grande stress che può contribuire a compromettere la salute fisica e psichica. Diversi studi clinici dimostrano l’efficacia della mindfulness nelle situazioni oncologiche per ridurre sintomi quali l’ansia, la depressione, gli sbalzi d’umore, la fatigue. Quindi un paziente potrebbe essere interessato a sperimentare un approccio come questo, semplice ma efficace, per stare meglio”.
L’effetto analgesico della mindfulness
Che la mindfulness abbia numerosi benefici, più di tante altre forme di meditazione, lo dice la scienza. Anche se non disponiamo, ad oggi, di un numero rilevante di evidenze scientifiche sul valore aggiunto di questa pratica per i pazienti oncologici, la ricerca sul tema è in continuo fermento. Ne è un esempio lo studio pubblicato di recente su ‘Biological Psychiatry’, che ha mostrato la potenza ‘analgesica’ della mindfulness, usata da decenni in diverse culture. La ricerca è basata sull’osservazione delle reazioni neurologiche ai diversi tipi di intervento per il controllo di stimoli dolorosi. Gli scienziati della California hanno analizzato, avvalendosi del supporto della risonanza magnetica cerebrale, le reazioni del cervello di 115 volontari, mentre veniva loro applicato un sensore caldo e molto doloroso, sia pure non pericoloso, su una gamba. I volontari che praticavano la mindfulness non solo hanno riportato le più lievi sensazioni di dolore, ma hanno avuto, a livello cerebrale, risposte completamente distinte da quelle scaturite dall’effetto placebo o da altre forme di gestione del dolore.
La struttura del corso
Il corso “Con Cura-Sa: prendersi cura di sé mindfulness e self-compassion per chi vive l’esperienza del sarcoma” prevede un incontro a settimana di due ore per un totale di otto settimane. “In ogni sessione si alternano pratiche di mindfulness, esercizi di self-compassion e riflessivi, brevi pillole teoriche sullo stress in genere e stress legato alla malattia, momenti di condivisione gruppale – spiega la docente del corso, la dottoressa Rosa Bruni -. Nella condivisione in gruppo, ognuno parla della propria esperienza in riferimento alla pratica proposta. Non si entra nella storia o nella biografia. È una condivisione dell’esperienza appena vissuta per permettere di fare esperienza della comune umanità: per rendersi conto di come funzioniamo sul piano delle relazioni di stress, di come tutti viviamo momenti di difficoltà, di vergogna, di emozioni difficili”.
Self-compassion
Non solo mindfulness. Ampio spazio anche agli esercizi ed alle pratiche di self-compassion, un costrutto che è stato introdotto da Kristin Neff, ricercatrice e professoressa di psicologia all’Università di Austin. “La self-compassion – continua la dottoressa Bruni – coincide con un modo gentile e benevolo di prendersi cura di sé sempre ma in particolare quando si vivono situazioni difficili come una malattia, un insuccesso, un fallimento. Coltivare la self-compassion equivale a riconoscere e depotenziare la severa autocritica interiore, sempre pronta a far sentire inadeguati o incapaci. Serve a motivarsi al cambiamento con gentilezza e fierezza imparando a riconoscere i propri veri bisogni e a confortarsi quando è necessario”.
A chi si rivolge il corso
Il corso può essere utile per pazienti che abbiano terminato o stiano terminando i trattamenti attivi. “La sua utilità può essere estesa anche alle altre fasi della malattia come quella del follow-up. Durante il trattamento attivo (chemio o radioterapico o chirurgico) l’impegno richiesto dal corso potrebbe non essere praticabile in termini di continuità di presenza, per questa ragione si tende a sconsigliarne l’iscrizione. Tuttavia, in casi particolari si può rivedere quest’indicazione dopo una valutazione adeguata”, spiega la dottoressa Bruni. Per ottenere i benefici sperati sarà necessario anche fare i ‘compiti a casa’. “I partecipanti ricevono le tracce audio delle meditazioni e un quadernetto che comprende letture e brevi esercizi per allenare la consapevolezza tra un incontro e l’altro – dice la Psichiatra -. La pratica di consapevolezza aiuta a riconoscere ciò che stiamo vivendo sul piano corporeo, emotivo e dei pensieri: ci aiuta ad essere meno reattivi, meno guidati dal pilota automatico e quindi più in grado di scegliere come rispondere alle situazioni che viviamo. Al contempo è un’occasione per allenare alcune qualità del cuore, come la gentilezza, la compassione, la pazienza, il non giudizio: inclinazioni interiori che aiutano ad avere un atteggiamento più benevolo verso sé stessi e verso gli altri”, conclude la dottoressa Bruni.
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Che cos’è la mindfulness
La mindfulness è un termine inglese che in italiano è stato tradotto in vari modi, come consapevolezza o piena presenza. Il termine mindfulness si riferisce sia a questo tipo di consapevolezza non concettuale-un modo d’essere in cui siamo attenti e consapevoli del momento presente, senza giudizio e aperti ad accogliere quello che avviene nel qui ed ora-che una pratica per allenare questa funzione mentale. La mindfulness è semplice: prestare attenzione a ciò che si presenta nel momento presente, a ciò che emerge e poi passa. Accogliere senza cambiare nulla, stando con le cose così come sono. Sembra semplice ma richiede un bell’allenamento! L’attenzione è una componente essenziale della mindfulness: ma l’attenzione al momento presente, oltre ad essere intenzionale è caratterizzata dalla qualità del non-giudizio, della curiosità e dell’apertura. Le pratiche meditative di mindfulness, pur derivate dalla grande tradizione buddhista, sono pratiche laiche usufruibili da tutti perché sia nel linguaggio che nella struttura sono state epurate da qualsiasi riferimento religioso o spirituale specifico. Jon Kabat-Zinn, biologo molecolare e pioniere della diffusione della mindfulness, è stato l’ideatore, negli anni settanta, del primo programma basato sulla mindfulness per la riduzione dello stress: Mindfulness-based stress reduction (MBSR). Il programma, sottoposto a verifica sperimentale, sin dall’inizio, è attualmente proposto in centinaia di ospedali, aziende, realtà formative e sociali: sono migliaia gli studi clinici che, nei contesti più diversi, ne hanno saggiato l’efficacia. La pratica di mindfulness invita le persone a volgersi verso la propria esperienza, senza giudicarla, provando ad accoglierla così come si presenta, sotto forma di sofferenza o di difficoltà o di gioia. È un modo per allenare la capacità di accettare la vita nelle forme in cui si presenta momento dopo momento, fase dopo fase: si tratta di avvicinarsi a ciò che accade con curiosità, gentilezza e senza giudizio. Contrariamente a quello che accade di solito-siamo portati ad evitare e respingere ciò che ci fa soffrire e ad aggrapparci a ciò che ci piace-se proviamo a relazionarci con curiosità e benevolenza a ciò che ci accade-anche quando si tratta di sofferenza, fallimento o disagio-allora possiamo trovare un modo diverso, meno sofferto e difficile per stare al mondo. Accorgendoci ad esempio che anche quando viviamo un dolore e ci sembra che tutta la nostra vita sia inghiottita dal buio e dall’angoscia, c’è anche dell’altro. Non si tratta di negare il dolore ma di allargare lo sguardo per rendersi conto che la vita è sempre più ampia di quel dolore, di quell’angoscia, di quella difficoltà che stiamo vivendo. Così nel caso della malattia oncologica, è facile che la mente possa o costruire pensieri paurosi e catastrofici che generano ulteriore angoscia e ansia oppure cerchi trucchi per evitare la sofferenza che finiscono per provocare ulteriore disagio. Molti studi clinici dimostrano l’efficacia della pratica costante di mindfulness in pazienti con varie malattia tra cui il cancro: i benefici riguardano il miglioramento dell’attività immunitaria, una riduzione del livello di infiammazione cronica, una minore attivazione dell’amigdala e delle aree cerebrali legate alla paura e alle emozioni difficili e una maggiore della corteccia prefrontale responsabile della regolazione emotiva e di altre importanti funzioni esecutive.